PSICOLOGO MILANO WAGNER - QUANTO DURA LA PSICOTERAPIA?

Consultare uno psicologo può partire da diverse domande e non sempre porta ad intraprendere un percorso lungo, come spesso siamo portati ad immaginare.
A volte, infatti, vogliamo solo definire meglio uno specifico problema, oppure abbiamo ben in mente cosa ci fa soffrire e cosa vorremmo risolvere: in questi casi, lo psicologo può accompagnare nella risoluzione di un problema definito, in tempi piuttosto brevi.
Se invece quello che richiediamo è una conoscenza maggiore di noi stessi, di come funzioniamo e di come ci relazioniamo, i tempi si allungano e si parla di una vera e propria psicoterapia. Anche quando non sappiamo di preciso cosa c'è che non va, ma sentiamo che vogliamo affrontare un problema, una situazione, ci vuole più tempo per capire insieme dove vogliamo arrivare e come arrivarci.
In ogni caso, la questione del tempo e del tipo di intervento va valutato con il professionista e ridiscusso nel corso dei colloqui.
Ecco alcuni tipi di possibili interventi con lo psicologo:

RICHIESTA DI INFORMAZIONI = è un intervento che permette di rispondere a dubbi ed interrogativi sui percorsi psicologici, sulle figure del “mondo psi” (psicologi, psicoterapeuti, psichiatri, neuropsichiatri), o su problematiche di carattere generale, come: percorsi di crescita dei figli, scelte educative, comunicazione non efficace, riconoscimento precoce di segnali di disagio.

CONSULENZA = è un intervento mirato che riguarda un’area o una difficoltà specifica. Quando il problema riconosciuto è ben definito, si può lavorare verso un obiettivo prefissato, in tempi relativamente brevi. L’efficacia dell’intervento è circoscritta all’area indagata e, anche se non promuove un’evoluzione personale profonda e duratura, può offrire grandi benefici.

COLLOQUI DI SOSTEGNO PSICOLOGICO = questo intervento offre la possibilità di trovare accoglimento rispetto ai propri bisogni, promuovendo percorsi individuali di sostegno e supporto di fronte a situazioni di disagio e crisi. Anche se la durata dei percorsi può variare a seconda della complessità delle situazioni, sono privilegiati interventi di breve durata.

PSICOTERAPIA = si tratta di un percorso che affronta sia le situazioni di sofferenza e disagio più diffusi (disturbi d’ansia, dell’umore, dell’alimentazione, di stress, ...), sia il desiderio di crescita personale e conoscenza di sé. La psicoterapia promuove cambiamenti profondi e duraturi, in direzione dell’adattamento sociale e soprattutto del benessere individuale. L’intervento può essere individuale o di coppia.

Chiama il numero 3381213793 oppure scrivi a mauraschiavetta@libero.it per fare la tua domanda

PSICOLOGO MILANO WAGNER - IL CAMBIAMENTO


Viviamo oggi in un’epoca di grandi trasformazioni, che fanno sperimentare profonde crisi agli individui, alle istituzioni e alla società. Grandi cambiamenti si stanno verificando nell’economia, nella tecnologia, nel nostro ambiente familiare e lavorativo, nelle nostre relazioni d’amicizia. Cambiano le nostre idee e ciò che credevamo del mondo, degli altri e di noi stessi. Molte cose ci stimolano, molte altre ci confondono e ci bloccano.

Dobbiamo ricordare che il cambiamento è fisiologico e che noi abbiamo tutti gli strumenti per affrontare nuovi adattamenti. Anzi, è proprio in questa complessità che possiamo crescere e cambiare, riscoprendo la nostra creatività, le nostre risorse e la nostra capacità di auto-organizzazione. Paradossalmente, in un clima come quello in cui viviamo oggi, è la ricerca di una stabilità a creare un equilibrio anomalo e difensivo. Per questo, non sembra utile mettere in campo strategie che riducono l’incertezza e riportano l’ordine, ma strategie che mantengono in movimento rispetto agli stimoli e alle risposte.

Non è quindi il cambiamento di per sé a far paura, ma il disorientamento generale che esso provoca in una prima fase. All’inizio di una crisi, sappiamo che ciò che ha funzionato fino a quel momento non funziona più, ma non sappiamo ancora cosa succederà nel futuro. Ciò che ci preoccupa è il non sapere quale direzione si prenderà e quale orientamento potremo dare alle nostre attività.

Risulta allora fondamentale cercare di dare una direzione ad una trasformazione che sembra inevitabile. Come? Partire da se stessi permette di dare un senso a questa trasformazione disordinata di cui non conosciamo ancora l’esito. Prendere in mano la propria vita e riscoprire chi veramente siamo e cosa vogliamo, può aiutare a trasformare i rapporti interpersonali nell’ambito della famiglia, nell’ambiente lavorativo o in qualunque altro ambiente ci si trovi ad agire.

Del resto, il termine “crisi”, porta dentro di sé il concetto di problema e di opportunità.

Il conflitto nella coppia


Spesso, quando pensiamo alla parola “conflitto” ci vengono in mente immagini dolorose e sgradevoli, come uno scontro o un combattimento, proviamo una sensazione di disagio, abbiamo la percezione di perdere tempo ed energie nella lotta.


Questo tipo di immagini ha dato luogo, in passato, ad una serie di studi che
consideravano il conflitto come una disfunzione, un evento da evitare o da prevenire in tutti i modi.

Oggi sappiamo che, all’interno di un sistema biologico, il conflitto è normale, anzi può avere un effetto di crescita poiché favorisce l’emergere di soluzioni nuove, diverse e a lungo andare più soddisfacenti rispetto ai problemi che ci troviamo davanti. Risulta invece distruttivo ogni volta che si mettono in atto dinamiche parziali e fuori controllo, che portano alla distruzione del sistema entro cui il conflitto si è verificato.

Succede spesso, nelle coppie, che i partner vadano in crisi perché non si capiscono più o non riescono più a dialogare tra loro. Si mettono allora in atto una serie di meccanismi come:

- lamentarsi
- criticare l’altro
- far orecchie da mercante
- fare il gioco del silenzio
- fare la vittima
- diventare aggressivi
- usare la tecnica ‘ io ho ragione…tu hai torto’
- salire in cattedra e trattare il partner come un bambino

A volte si attribuiscono questi comportamenti alle differenze tra i partner, che sembrano usare scale di valori diverse. In realtà, spesso, dietro a queste accuse reciproche si nascondono una serie di bisogni personali non soddisfatti, come ad esempio l’essere amati, riconosciuti, rispettati, capiti, accettati o il bisogno di esprimere liberamente il proprio pensiero, di avere la fiducia dell’altro.

Il primo problema è che spesso non si hanno chiari quelli che sono i propri bisogni e, come conseguenza, non è possibile comunicarli al partner.

Ma è possibile trasformare il conflitto in qualcosa di utile e positivo? Sì, se lo si gestisce nella maniera opportuna, cogliendolo come un segnale di ricchezza e di diversità, come un’occasione per ridefinire la situazione e cercare stimoli di crescita in direzioni nuove.
Il conflitto non è negativo in sé, anzi permette di chiarire le situazioni e di conoscersi meglio, trovando un modo creativo per negoziare e vincere insieme.

ANORESSIA


È un disturbo del comportamento alimentare caratterizzato da una restrizione dell’alimentazione, dovuta ad un’eccessiva preoccupazione per il peso e le forme corporee, che si esprime in una continua e ossessiva paura di ingrassare e nella ricerca della magrezza. I pensieri nei riguardi del cibo e del suo controllo divengono così “pervasivi”, così fortemente presenti nella mente, da assumere la forma di una sorta di rimuginio instancabile che non lascia spazio ad altro.

CRITERI DIAGNOSTICI PER L’ANORESSIA NERVOSA (DSM IV)
  1. Rifiuto di mantenere il peso corporeo al livello minimo considerato normale in rapporto all’età e alla statura o al di sopra di esso (peso al di sotto dell’85% di quello atteso).

  2. Intensa paura di aumentare di peso o di ingrassare, anche se sottopeso.

  3. Disturbi nel modo di sentire il peso e le forme del proprio corpo, che hanno un’influenza sulla valutazione si sé e sulla negazione della gravità del sottopeso.

  4. Amenorrea, cioè assenza di almeno tre cicli mestruali consecutivi.
Con restrizioni: Non sono presenti frequenti episodi di abbuffate compulsive o di comportamenti purgativi (per esempio vomito autoindotto o abuso-uso improprio di lassativi o diuretici).

Con abbuffate/condotte di eliminazione: durante l’episodio di anoressia nervosa il soggetto presenta frequenti episodi di abbuffate compulsive o comportamenti purgativi (per esempio vomito autoindotto o abuso-uso improprio di lassativi o diuretici).

Chi colpisce?

L’anoressia nervosa è presente in uguale misura in tutte le classi sociali e, nel nostro Paese, coinvolge prevalentemente il sesso femminile: solo 1 caso su 10 o meno riguarda i soggetti maschi. L’età di insorgenza del disturbo è compresa fra i 12 e i 25 anni, con la frequenza maggiore fra i 13 e i 16 anni; negli ultimi tempi sono stati diagnosticati casi ad incidenza più tardiva, dopo i 30 anni.
Comprensione del disturbo e Terapia
L'anoressia, come gli altri disturbi del comportamento alimentare, può essere considerato un disturbo psico-sociale. Questo significa che per comprendere i processi che mantengono il disturbo nel tempo, dobbiamo considerare gli aspetti relazionali e sociali della vita del paziente.
Le anoressiche, soprattutto se restrittive, tendono a presentarsi come persone estremamente dotate, intelligenti, capaci. Addirittura possono essere ottime cuoche e cucinare spesso per gli altri, familiari compresi. A scuola ottengono generalmente buoni, se non ottimi risultati.
Il paziente anoressico è portato a rivolgere il proprio controllo su se stesso e sul proprio corpo. Non mangiare significa sentire che agisce un controllo volontario, superiore ad una spinta "fisiologica" dell'organismo, controllo che offre una sensazione di potere. Per questo può succedere che nelle prime fasi del decorso patologico ci sia un picco di euforia, che scaturisce proprio dalla sensazione di gestione e controllo. La fase successiva è invece più cupa, poiché tutta l’attenzione sarà posta sull'essere malati, soprattutto in base alle considerazioni di familiari e partner. Spesso si crea una lotta, per cui i parenti cercano di convincere il paziente a mangiare, spesso con minacce, e la maggior parte delle volte i genitori preparano la tavola anche se sanno che il proprio figlio non mangerà, come se "nutrissero" la speranza che avvenga un miracolo. Ogni atto teso a cercare di convincere il paziente a mangiare è destinato a fallire e alimenta incomprensioni che portano il paziente a mantenere il sintomo. Il sintomo per il paziente è una conquista e più si andrà contro tale conquista anche se patologica e disfunzionale, maggiore sarà la possibilità che il sintomo si cronicizzi.

Il terapeuta dovrà valutare, in modo molto accurato, tutti i processi psicologici e psico-sociali che sono alla base del mantenimento del disturbo, procedendo nella rottura del gioco disfunzionale e nel ripristino della capacità del paziente di utilizzare le proprie risorse, non più contro se stesso ma a proprio favore.
Il disturbo del Comportamento Alimentare è un fenomeno incredibilmente complesso, che coinvolge numerosi aspetti della vita dell’individuo. Per questo è indicato un approccio multidimensionale alla cura dell’anoressia, che affronti un punto di vista medico, dietetico e psicologico. Quando il paziente con anoressia è un adolescente, è augurabile un intervento psicologico parallelo sul paziente e sui genitori.
Inoltre, tra le principali terapie psicologiche, sono da sottolineare la psicoterapia individuale, la psicoterapia familiare e la psicoterapia di gruppo.

Il matrimonio


I MATRIMONI CHE DURANO NEL TEMPO

Nonostante sia più facile trovare dati e analisi sul divorzio, mai come oggi tante persone convivono con lo stesso partner per tanti anni, a causa del vistoso allungamento della vita.

Quali sono i segreti di un rapporto stabile, che prima o poi non ha più a che fare con quello che era all’inizio?

Quali sono i comportamenti, i pensieri, i sentimenti, i discorsi e i giudizi propri di una coppia che dura nel tempo?

Amore
Una relazione speciale nasce su un codice di comunicazione condiviso per esprimere, coltivare o negare i sentimenti, e per scambiarsi informazioni sia sul mondo esterno che sulla coppia stessa. Questa comunicazione genera una percezione e una visione del mondo comune, che rende prevedibile e affidabile sia il mondo interno che quello esterno alla coppia.

Maturità rassegnata
In una coppia che dura nel tempo, non conta tanto il fatto che si risolvano tutti i conflitti, ma il come si cerchi di risolverli, magari invano. Le coppie ragionevolmente felici affrontano le difficoltà non con l’aggressione e il disprezzo, ma tramite diversivi e con senso dell’umorismo, attenzione e rispetto. Si tratta, dunque di rimpiazzare la sopportazione del partner con una autentica tolleranza.

Perdonare e dimenticare
Nel corso di un matrimonio certe aspettative vengono deluse e certe pretese rimangono insoddisfatte. Per queste delusioni e offese ci aspettiamo un risarcimento, in base ad un’idea di giustizia ed equità, che nel campo delle relazioni è però un’illusione. Quanto vale un tradimento? Quanto vale un’offesa? Ognuno decide sempre in maniera estremamente personale la gravità del danno che ritiene debba essere risarcito e la promessa di parità non si realizza. Il miracolo sta nel fatto che lo si sopporta. Il miracolo nasce non tanto dalla rinuncia, quanto dalle possibilità offerte dal perdono, un procedimento arcaico che permette di pareggiare i conti e di andare avanti. La memoria della colpa incatena al passato e priva della capacità di agire, limitando la libertà di avviare qualcosa di nuovo.

Illusioni positive
Più che una visione realistica del partner, nei matrimoni duraturi è presente una certa quota di illusione positiva, una valutazione reciproca basata su errori sistematici. Quando gli innamorati si vedono e si mostrano nel loro lato migliore, non danno un’immagine falsa, accentuano solo una parte della loro realtà. Che non sia tutta la verità se lo rinfacceranno più tardi, durante il divorzio, dove la disillusione è totale (‘ho capito solo adesso chi ho sposato’). Anche questa è una forma nuova di illusione, ma evidentemente con una illusione positiva si vive meglio.

Rinuncia alla felicità
Due persone possono arrivare alla disperazione e spesso la causa è che decidono di convivere e magari di sposarsi per essere felici insieme. Spesso è facile scambiarsi una promessa impossibile da mantenere, piuttosto che promettere cose che si possono anche realizzare. Di fronte ad un obiettivo così totale, è facile sentirne il peso e assumersi la responsabilità per ogni passo falso, vissuto come fallimento. Se non si pone la felicità come obiettivo finale della sua crescita, un matrimonio può ben dare quel tanto di felicità che gli compete.

Essere amici
L’amicizia non mira né all’utilità, né al piacere, è fine a se stessa. Ha bisogno di tempo per realizzarsi, legando insieme libera volontà e dovere morale. Ma soprattutto è una pratica, del dare, del prendere e del condividere, è legata al partecipare alla vita comune, a tutto quello che viene chiamato ‘vita quotidiana’.

Ribellione al moderno
La nostra epoca è caratterizzata da velocità, scadenze, consumi. Anche le relazioni di coppia e il matrimonio sono percepiti come oggetti di consumo. In un matrimonio che invece mira alla lentezza, alla stabilità e alla mediazione, chi resta fedele al vecchio modello e si sforza di migliorarlo è oggi considerato un ‘anormale’. Perché riparare se si può cambiare un pezzo che non funziona?

Da: Arnold Retzer, in Psychologie Heute, 4, 2008
trad. it. Gabriele Noferi, in Psicologia Contemporanea, mag-giu 2009, n.213

Depressione


La depressione è una patologia dell'umore caratterizzata da un insieme di sintomi cognitivi, comportamentali, somatici ed affettivi.

La depressione non è un semplice abbassamento dell'umore, ma un insieme di sintomi più o meno complessi che alterano anche in maniera consistente il modo in cui una persona ragiona, pensa e raffigura se stessa, gli altri e il mondo esterno.

La depressione può assumere varie forme:
  • depressione reattiva: dovuta a situazioni o eventi stressanti (matrimonio, lutto, separazione, fallimento, cambiamenti lavorativi)

  • episodio depressivo: singolo episodio transitorio, i cui i sintomi, se isolati, non sono patologici:
  1. disturbi del sonno con insonnia o ipersonnia

  2. scarso appetito e perdita di peso o, al contrario, incremento dell'appetito e del peso corporeo

  3. perdita d'interesse per le attività quotidiane

  4. incapacità di provare piacere (anedonia)

  5. modificazione del desiderio e delle abitudini sessuali

  6. diversa percezione della stima di sé con autosvalutazione e sensi di colpa

  7. mancanza di energia e affaticamento eccessivo

  8. difficoltà di concentrazione

  9. mancanza di volontà, apatia

  10. tendenza a isolarsi dalla società e dalla famiglia
  • disturbo depressivo: decorso clinico caratterizzato da più episodi depressivi maggiori ricorrenti, che alterano il funzionamento globale dell’individuo. Può avere le seguenti caratteristiche:
    Melanconico: perdita di piacere per la maggior parte delle attività; mancanza di reattività agli stimoli abitualmente piacevoli.
    Ad andamento stagionale: insorge con il progressivo accorciarsi delle giornate in inverno e migliora con la primavera. È caratterizzato da ipersonnia, iperfagia e rallentamento psicomotorio.
    Con esordio nel post-partum: depressione grave entro 4 settimane dal parto, caratterizzato da grave insonnia, labilità emotiva e facile affaticabilità, fino al suicidio.
    Con caratteristiche atipiche: gli episodi sono caratterizzati da aumento di peso e ipersonnia. Più frequente nelle donne, comune nell’andamento stagionale.
    Cronico: presente per almeno 2 anni, più comune nei maschi soprattutto quelli che abusano di sostanze.

La depressione è un disturbo diffuso nel 10-15% della popolazione generale, in particolare nella fascia d’età 25-44 anni, con frequenza maggiore tra le donne.
È associata ad una elevata mortalità, infatti fino al 15% degli individui con un Disturbo Depressivo grave muore per suicidio.
È spesso accompagnata da altri disturbi, Disturbi Correlati a Sostanze, Attacchi di panico, Disturbo Ossessivo-Compulsivo, Anoressia, Bulimia, Disturbo Borderline di Personalità.

Tra le possibili cause della depressione troviamo fattori di tipo psicosociale, ma anche di tipo genetico e biologico.

  • Gli Episodi del Disturbo Depressivo spesso seguono un grave evento psicosociale stressante, come la morte di una persona cara o il divorzio. Gli studi suggeriscono che tali eventi possono giocare un ruolo più significativo nello scatenare il primo o il secondo episodio del Disturbo Depressivo, che favorire l'esordio degli episodi successivi.

  • Gli studi supportano l’ipotesi dell’ereditabilità della depressione, infatti i figli di genitori depressi presentano un rischio più elevato di sviluppare depressione. Tra le cause della depressione si hanno anche modificazioni a livello biologico, nella regolazione di alcune sostanze come neurotrasmettitori e ormoni.

Le terapie si basano principalmente su farmaci antidepressivi, affiancati da colloqui di supporto e terapeutici.

Ansia


L’ANSIA è un'emozione di base che si attiva quando una situazione viene percepita soggettivamente come pericolosa e che comporta uno stato di attivazione dell’organismo.

Se l’individuo crede di trovarsi in una situazione di reale pericolo, l'organismo ha bisogno della massima energia muscolare a disposizione, per poter scappare o attaccare in modo più efficace possibile, scongiurando il pericolo e garantendosi la sopravvivenza. Per questo si attivano una serie di fenomeni, quali:

- aumento della frequenza del respiro

- aumento del battito cardiaco (tachicardia)

- sudorazione

- vertigini, ecc..

L’ansia, quindi, non è solo un limite o un disturbo, ma costituisce una importante risorsa, perché è una condizione fisiologica, efficace in molti momenti della vita per proteggerci dai rischi, mantenere lo stato di allerta e migliorare le prestazioni (ad es., sotto esame). Quando l'attivazione del sistema di ansia è però eccessiva, ingiustificata o sproporzionata rispetto alle situazioni, siamo di fronte ad un disturbo d'ansia, che può complicare notevolmente la vita di una persona e renderla incapace di affrontare anche le più comuni situazioni. I disturbi d'ansia conosciuti e chiaramente diagnosticabili sono i seguenti:

Fobia specifica (aereo, spazi chiusi, ragni, cani, gatti, insetti, ecc.)
Disturbo di panico e agorafobia (paura di stare in situazioni da cui non vi sia una rapida via di fuga)
Disturbo ossessivo-compulsivo
Fobia sociale
Disturbo da stress acuto o post-traumatico da stress
Disturbo d'ansia generalizzata


I disturbi d’ansia sono caratterizzati da una preoccupazione eccessiva, che la persona ha difficoltà a controllare: essa si manifesta per la maggior parte dei giorni per almeno 6 mesi, e riguarda una serie di attività o eventi che causano un disagio significativo dal punto di vista clinico oppure nel funzionamento sociale, lavorativo o di altre aree importanti.


Ansia e preoccupazione sono associate con almeno tre dei seguenti sintomi:
- irrequietezza, o tensione o ‘nervi a fior di pelle’
- facile affaticabilità
- difficoltà a concentrarsi o vuoti di memoria
- irritabilità
- tensione muscolare
- alterazione del sonno (difficoltà ad addormentarsi o a mantenere il sonno, oppure sonno inquieto o insoddisfacente)

Questi sintomi si rendono evidenti quando ci troviamo in uno stato si stress emotivo e si manifestano anche a livello fisico. Quando ignoriamo i segnali che il nostro corpo ci invia (bisogno di rallentare il ritmo e prendersi cura di se stessi), il risultato è spesso il peggioramento dei sintomi.


Per imparare a gestire e ad eliminare questi sintomi può essere necessario l’aiuto di un terapeuta.
Lo psicologo dovrà stabilire che l'alterazione non sia dovuta agli effetti fisiologici di una sostanza oppure ad una condizione medica generale e che gli episodi di ansia non avvengano esclusivamente durante un altro disturbo o problema psicologico come ad esempio un disturbo dell'umore (depressione).
Lo psicologo valuterà i processi disfunzionali con cui la persona si organizza: che cosa continua a mantenere il problema e non permette il miglioramento delle condizioni di vita della persona che ne soffre?
L'intervento psicologico si propone quindi di rendere la persona autonoma e libera dai sintomi riducendo i livelli di angoscia costante con cui si è spesso costretti a vivere.


Almeno un terzo della popolazione mondiale ha avuto o potrà avere un disturbo d’ansia nel corso della propria vita.
In realtà non potremmo vivere senza ansia e senza di essa molte emozioni sarebbero più sbiadite, meno intense e suggestive.
L’ansia può essere uno strumento o un limite a seconda dell’uso che ne facciamo o del modo in cui la viviamo